ANTONIO BIASIUCCI. ARCA
Torino | Gallerie d’Italia | fino al 6 gennaio 2025
Che cosa hanno in comune un corpo e un paesaggio? Esiste qualcosa di non fotografabile? Può un ceppo muoversi più velocemente della luce? Qual è la forma del latte? Che cosa resta di un colpo di spugna? Che cosa protegge l’arca? Come si custodisce un dono?
Le domande scritte sul pavimento di ANTONIO BIASIUCCI. ARCA, la mostra delle opere fotografiche di Antonio Biasiucci alle Gallerie d’Italia di Torino, sono una chiave di lettura, invitano alla riflessione e sono già di per sé una esplorazione nel mondo di Biasiucci. Ci accompagnano nel modo di pensare, di agire, di fare della fotografia un modo per trascendere il mondo, per acquisire un nuovo sguardo e farlo acquisire a noi visitatori.
È un mondo, questo, in cui un ceppo di legno diventa un meteorite, una città futuribile, un paesaggio remoto. Il rito dell’uccisione del maiale si fa movimento che scarnifica il gesto. Impastare il pane, cancellare una lavagna scoprono significati segreti. È il mistero, il segno distintivo di questo allestimento, entri in un mondo in bianco e nero, un’arca, una pancia, e diventi anche tu una fotografia in vita, trovi l’inaspettato, il dettaglio essenziale che Biasiucci cerca nel suo metodo.
“Le mie foto nascono pedalando. Osservo. Cerco l’inaspettato, che poi subito riconosco come qualcosa che mi appartiene”. Le parole dell’autore sono il valore aggiunto fondamentale della visita, attraverso gli audio della sua voce che per ogni sezione mi hanno portata altrove, fuori e dentro i soggetti in mostra.
“il risultato è sempre un altro sguardo. Avevo scoperto che un microcosmo come una stalla con quattro vacche poteva diventare un macrocosmo. Quelle vacche potevano diventare rocce, paesaggi, volti.”
Giro e rigiro nella sala della mostra, ascolto e guardo e trovo sempre qualcosa di nuovo; smuove e allerta, indaga e chiede questo artista della fotografia.
Mostra a cura di Roberto Koch.
Limiti della visita
È importante che si ascoltino le tracce indicate con i QR code, andrebbe messo un invito che faccia capire che questa serie di ascolti è parte integrante del percorso. Viceversa la visita perde molto. La voce dell’autore è di per sé un’arca, una culla di senso.
Silvana Kühtz, docente di Estetica
Università della Basilicata
ARCA, Torino, Gallerie d’Italia, (vista 3 novembre 2024)