BARI SAN PIO
Parrocchia Natività di Nostro Signore
Per raccontare un luogo è importante ascoltarlo, osservarlo, toccarlo. Ogni luogo è un ricettacolo di storie, per quanto difficile sia la sua condizione. Ogni essere umano poi, ha una storia. Per raccontare i luoghi marginali serve riflettere, ri-raccontare, trovare e trasformare. Non esiste una sola ricetta valida sempre, esiste l’importanza della ricerca sul campo, delle azioni dal basso e delle politiche, anche di impegno personale, che ci facciano avere i piedi per terra e la testa nel cielo, la nostra responsabilità collettiva.
Ci servono domande utili da abitare, con cui convivere, più che risposte o slogan o formule definitive. Ci servono parole importanti da coltivare, come desiderio e attesa, tenacia e pazienza (tutte parole di cui parla Suor Rosa in questo stesso numero del giornale).
Serve una vista che guardi fuori, un udito disponibile ad ascoltare idee nuove. La vista di cui c’è bisogno ora, anche se paradossalmente rintanata nel confine noto, è quella benevola, aperta, fraterna, verso le piccole cose, le qualità e risorse dell’altro, la bellezza della diversità, del paesaggio, del bello che c’è. L’attenzione è quella all’ascolto aperto delle domande da abitare, questa è conoscenza fertile, che cerca nelle brutture il bello, che demolisce ciò che ammala.
In questi mesi è nato un nuovo progetto di ricerca che coordino con enti di ricerca e altre colleghe fra cui la filmmaker Raffaella Rivi (qui ci sono due foto che ha scattato a novembre 2024 in questa parrocchia): raccontare luoghi di Puglia e Basilicata che abbiamo chiamato dolenti, una parola che vuol dire doloranti, in cui c’è dolore, certo, ma è proprio quando si comincia a parlare del proprio dolore che è possibile uscirne. «Là dove cresce il pericolo, cresce anche ciò che salva», sono due versi del poeta Friedrich Hölderlin che possono farci da guida.
Sono una guida i progetti che vogliamo raccontare, quelli che ad esempio si sviluppano in questa parrocchia grazie a don Gianni, alle tre operose sorelle Comboniane, all’arte di Sergio Scarcelli, di tutte le mamme e le bambine e i bambini che hanno visto nei percorsi di arte pubblica una via di nuova narrazione e di nuova inclusione; come sapete ci sono anche i rifugiati del CARA che danno una mano. Le cose non sono in un modo o nell’altro, univoche, senza redenzione, senza altre possibilità. Le cose possono trasformarsi nelle nostre mani, sono carne viva che si fa operosità, cura, amicizia, accoglienza. Ecco per esempio una delle domande che ci poniamo e ci porremo in questi mesi insieme a voi: come si
racconta un luogo fuori dai pregiudizi e dagli schemi? Noi faremo domande, ci incontreremo, proveremo a costruire insieme un quadro prima dettagliato e poi sintetico.
Buon lavoro e buon futuro di attesa, pazienza, tenacia e desiderio a tutti noi.
Silvana Kühtz
docente di Estetica | Università della Basilicata
Poesia in Azione
Il giornale della Parrocchia Natività di Nostro Signore di San Pio. Numero di dicembre 2024.
Articolo a pag. 6-7