ATLAS | Milano, Fondazione Prada

ATLAS
Milano | Fondazione Prada | progetto permanente

La Fondazione Prada, nata con l’intenzione di indagare come la ricerca artistica e intellettuale possa incidere sulla vita delle persone, ha compiuto trent’anni nel 2023. La sede di Milano di via Isarco inaugurata nel 2015 è stata progettata dallo studio OMA guidato da Rem Koolhaas, copre un’area di 19mila mq, è il risultato della trasformazione di edifici di una distilleria dei primi del Novecento, combinati a tre nuove costruzioni (Podium, Cinema e Torre). Attraversare le strutture della Fondazione di via Isarco è di per sé un’esperienza, spazi avveniristici, l’albero di fico che si riflette su una lunga parete, scale che vanno verso un mondo spaesante, pulito anche troppo, il bar caffè pieno di colori e forme di un mondo che non esiste, pensato da Wes Anderson. Tutto è firmato alla Fondazione Prada, ha il sapore del luogo in cui non sai se vorresti tornare, e forse nella mia esperienza ha giocato la dicotomia fra il caldo di luglio e il freddo estremo negli interni.
Gli spazi espositivi accolgono la mostra temporanea, in corso fino al 23 settembre 2024, dedicata a Pino Pascali (Bari, 1935 – Roma, 1968) artista pugliese che aveva colto l’onda dell’arte contemporanea degli anni ‘60. Quarantanove opere provenienti da musei italiani, stranieri, e collezioni private – diffusa in tre aree espositive e 4 sezioni.
Ma la parte che mi ha più impressionato è la Torre di 9 piani e 60 metri che raccoglie il progetto espositivo ATLAS, come nelle note dei curatori “riflessione sugli spazi espositivi di fondazione Prada caratterizzata dalla sperimentazione ambientale (..) ma anche sull’uso di uno spazio neutro che mira a realizzare la perfetta esposizione del lavoro di un artista.” Dal secondo al quinto, ottavo e nono, ogni piano è una mostra diversa. Atlas intreccia manifestazioni estetiche dell’arte contemporanea, un progetto permanente in divenire. Evolve anche con eventi speciali, richiama le geografie attuali dell’arte contemporanea: vai subito al nono piano in ascensore e scendi poi a piedi.
A parte l’inusitata grandiosa vista sulla città, su cui puoi quasi volare grazie alle vetrate immense, troverai per esempio Carsten Höller e il Gantenbein Corridor al nono piano, dove sperimentare il buio assoluto; William N. Copley e Damien Hirst all’ottavo piano che allarga lo sguardo fra tragedia e attualità; la compresenza di Carla Accardi e Jeff Koons all’immenso secondo piano. Il piano che mi ha davvero divertita è stato il quinto, con l’enorme distesa di teche di opere di argilla di Fischli e Weiss, l’installazione Suddenly this overview. Una sorta di enciclopedia delle esperienze della vita e del mondo, scene in miniatura che raccontano in modo ironico, divertito e scanzonato i contrasti della vita, le imperfezioni, le fragilità dell’essere esseri umani. L’argilla che usano i due artisti svizzeri è cruda e lasciata essiccare, senza cottura, segno di ancora maggiore fragilità e impermanenza. La collezione iniziata dai due artisti nel 1981 è stata un lungo divenire concluso solo con la morte di David Weiss nel 2012. Le grandi coppie di opposti, perfetto imperfetto, teoria e pratica, scene della storia che non possono non strapparti un sorriso già dal titolo: Amundsen chiede indicazioni per il Polo Nord, Mick Jagger e Brian Jones tornano a casa soddisfatti dopo aver composto “I can’t get no Satisfaction”. In questa esperienza da attraversare col sorriso sulle labbra le storie della vita quotidiana e la Storia hanno la stessa importanza

Limiti della visita
Per me è stato il freddo il limite, trenta gradi all’esterno e 15 all’interno. Inutile spreco di energia, non credo che le opere richiedessero queste temperature.

Silvana Kühtz, docente di Estetica
Università della Basilicata

ATLAS, Milano, Fondazione Prada, ongoing (vista 11 luglio 2024)


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ATLAS | Milano | Fondazione Prada | foto Silvana Kuhtz

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